È tempo di rimettere il cibo al proprio posto, dice l’autore di questo graffiante pamphlet. A sottintendere, ovviamente, che il mondo del food, in questi ultimi anni, è stato gonfiato così a dismisura da essere ormai "scoppiato"
Non magari in senso economico o mediatico, ché ancora per un po’ reggerà, ma certamente da un punto di vista semantico, etimologico, sociale: il cibo non è più cibo (e basta), l’uomo non è più ciò che mangia, ma è tutte le sovrastrutture che la globalizzazione della tavola ha voluto strutturargli intorno.
"È il nutrirsi in sé che si è fatto negli ultimi anni fenomeno di culto – scrive La Cecla – una pratica più discorsiva che gustativa, una perenne ed esasperante narrazione etica, politica, economica, ambientale, estetica, artistica. E la pasta ha finito per aggiungersi a quella lista di food indistinto e globalizzato che, astraendo i cibi dai loro contesti, li ha resi celebri, ma profondamente artificiosi".
Parole sante, santissime, che ci richiamano alla mente un famoso spot di Federico Fellini per Barilla, antesignano (è del 1985) di questa filosofia: al cameriere tutto azzimato che proponeva a una coppia raffinati piatti francesi, i due rispondevano tranquillamente "Rigatoni".
Sì, sembra suggerire tra le righe La Cecla, ci vorrebbe questo coraggio di dire no alla carne argentina servita a Singapore, al sushi in Austria, al Big Mac a Mosca al cappuccino sorbito a fine pasto. Di scegliere i pasti con la propria testa (e il proprio gusto) e non seguendo le mode, di ridere sguaiatamente leggendo certi menù, di non cadere nelle sofisticate trappole di certi piatti
Insomma, tornare orgogliosamente alla cucina della mamma, rimettendo il cibo al proprio posto: vicino ai nostri sensi e alla terra da cui proviene
Franco La Cecla
BABEL FOOD
Il Mulino, euro 12